mercoledì 30 maggio 2012

Anni 70

Adesso parliamo dei anni 70...!!!
La moda anni 70 è quella dei nostri genitori, quella tornata in voga qulche anno fa, quella che oggi viene apprezzata e cercata nei mercatini e che si fregia dell’appellativo Vintage.


Gli Anni Settanta Sono Caratterizzati Dai Colori E Dalle Stampe


Troviamo appariscenti disegni geometrici multicolor,fiori enormi oppure piccoli piccoli, cerchi, linee intrecciate deformate e colore colore, tantissimo colore. Queste stampe si posavano su tutto: gonne, camice, i miniabiti, vestiti, pantaloni, foulard. Le linee curve nella seconda metà del decennio cominciarono a diventare piùgeometrici con stampe con rettangoli, quadrati, greche, losanghe e linee diagonali.  Comunque il tema era uno solo: colore! Potevi avere un miniabito bianco ma gli orli potevano essere bordati di rosso. Potevi avere un fiore unico grandissimo o tanti più piccoli. Il tema astratto più ricorrente era quella specie di disegno che ricorda la goccia dell’acqua e le sue relative deformazioni. Questi disegni deformati provenivano da una moda nata nel periodo dell’uso di droghe allucinogene che generò anche un particolare modo di scrivere, tutto distorto (Pensate alle copertine dei 45 giri dell’epoca).


Gonna o Pantalone?



I pantaloni negli anni ‘70 erano a vita alta e a zampa
La mini gonna nacque nel 1963 per opera della stilista britannica Mary Quant, che fu ispirata dall’automobile Mini e che a partire dalla fine degli anni ‘50 aveva iniziato a proporre abiti sempre più corti. Il vero boom però si registro nel 1973 quando oltre alla mini gonna vera e propria si aggiunsero gli short, spesso di jeans, come quelli indossati dall’attrice Catherine Bach nella serie televisiva Hazzard chiamati proprio Jeans Daisy-Duke o hot-pants.
Questi pantaloni scoprivano le gambe, erano seducenti ma anche comodi e consentivano più libertà di movimento.
Le Scarpe
Le scarpe in voga negli anni ‘70 erano abbastanza comode, la calzatura cult era lozoccolo che poi nel corso degli anni il tacco si cominciò ad alzare assumendo una forma cubica, poi iniziò anche a restringersi un po’ ma si era molto lontani dal tacco a spillo. Poi questa struttura massiccia cominciò ad essere alleggerita nella parte bassa e presero vita il tacchi tamburati. Degi anni ’70 sono anche le zattere o zeppe, che contrariamente a quello che si è portati a credere, hanno rappresentato un periodo abbastanza esiguo della moda del periodo e erano di stretta anche derivazione dello zoccolo.
Anche gli stivali cominciarono a prendere piede, dapprima avevamo modelli stringati e alti da indossare con le mini gonne, poi gli stivali subirono le stesse trasformazioni delle scarpe e assunsero anche forme molto particolari.






I Cappelli


I cappelli che erano di moda nei primi anni ‘70 erano i cappellini bon ton per signora, successivamente si passo a modelli colorati ed esagerati e parallelamente anche alle cuffiette, dopo diventò un must la bandana tra i capelli e il mitico cappellino “da baseball” con visiera lunga.


I Capelli



Suggerimenti per le acconciature :
1) stile Farah Fawcett, quindi onde molto ampie e morbide, voluminose, che incorniciano il viso. Per fare questa acconciatura anni ’70 bisogna lisciare con la piastra quasi tutti i capelli, tranne quelli vicini al viso che serviranno per creare le onde. Poi bisogna cotonare la parte alta dei capelli per dare volume e arricciare verso l’esterno i ciuffi vicino al viso.
2) stile figli dei fiori, capelli lunghi e lisci, frangetta dritta e al limite una fascia fermacapelli, brillante, non molto alta posta sulla fronte
Accessori
gioielli degli anni Settanta erano prettamente bijoux caratterizzati da tre tendenze: i fiori nella prima parte del decennio (reminescenza del flower power degli anni ‘60), le linee geometriche e dei riferimenti alla moda indiana. Collane lunghissime, bracciali, anelli e orecchini fatti in metallo a tanti fili che erano impreziositi dalla presenza di perline, ciondolini o fiorellini i plastica o metallo.
Le borse degli anni ‘70 erano per lo più borselli, borse unisex che indossavano sia uomini che donne perchè la parità dei sessi era riflessa anche nella moda e nel modo di vestire. Le borse erano spaziose e dalle forme geometriche e squadrate, venivano proposte senza tracolla, da portare sotto il braccio, oppure con la tracolla regolabile corta o lunga.
Gli occhiali da sole e da vista anni Settanta sono molto ricorrenti anche adesso e forse sono quello che più rappresenta questo magico decennio.
Gli occhiali anni ‘70 erano i fanali, occhiali grandi che andavano ben oltre il viso, con montature spesse, poi nel secondo decennio diventano più affusolati e sottili.
Due nomi per chiarirvi le idee: Elton John di Crocodile Rock e il marchio Ray Ban!
E tu, sai già come vestirti?

Anni 60

Adesso parliamo degli anni 60..!!!!!
Gli anni sessanta sono un periodo di grande rivoluzione dei costumi in tutto il mondo occidentale.
Dagli Stati Uniti all'Olanda le GIOVANI GENERAZIONI rifiutano totalmente i modelli esistenti e cercano forme nuove che rompano con il passato. Le nuove forme che vennero introdotte furono il movimento HIPPIES, il movimento Modernista (più comunemente definito MOD) e, contrapposto a quest’ultimo, il fenomeno ROCKERS (i cui componenti erano i Teddy Boys); ma molti altri STILI si erano diffusi in quel periodo. E' un fenomeno di massa che contamina ogni settore della vita quotidiana: dai rapporti fra i sessi, alla concezione del lavoro e del tempo libero. Alla base di questi fenomeni possiamo individuare una tendenza generale: la contestazione. All'origine della rabbia giovanile e del  violento scontro generazionale stava la contestazione del sistema borghese capitalistico, l'ansia per un futuro su cui pesava il pericolo di una guerra atomica. Essi accusavano la loro società di appiattire l'uomo, dequalificare l'intellettuale e mercificare tutto, anche l'arte e il pensiero.

Lo Stile Mod

Lo stile mod nasce sul finire degli anni Cinquanta a Londra, quando giovani ragazzi e ragazze cominciarono a usare questo termine per descrivere la loro scena. La parola è una abbreviazione di modernists, ovvero i fan del modern jazz, che nei primi anni Cinquanta avevano sviluppato uno stile nel vestire sobrio, raramente sgargiante e fortemente elegante fino all'ultimo dettaglio, ispirato all'Ivy League look, ovvero al modo di vestire nelle più prestigiose università americane: camicie bottom-down, giacche tre bottoni con reveres stretti, pantaloni senza pences, cravattini fini, mocassini o brogues. I mods presero ispirazione da questo look e ci misero del loro prendendo influenze da tutto ciò che arrivava di nuovo dal continente Europeo (soprattutto dall'Italia e dalla Francia, in quel periodo all'avanguardia nella moda): polo, maglie, scarpe, scooters, tagli di capelli erano tutti mezzi per creare il cosiddetto "total look", ovvero un'immagine nel complesso coerente ed elegante, del tutto distinta dal modo di vestire della massa omologata, ma non per questo sgargiante o di cattivo gusto. Il tentativo di differenziarsi dagli altri era continuo e come conseguenza, il look dei mods era in continua evoluzione. Seguendo il paradigma "Adopt, Adapt, Improve" ("Adotta, Adatta, Migliora") i modsprendevano spunto dai diversi input che la società consumistica del periodo, in pieno boom, gli offriva e li facevano propri reinterpretandoli in modo personale senza mai essere troppo influenzati da mode effimere, ma al contrario creandole. I capi d'abbigliamento cambiavano in maniera vertigionosa, mantenendo comunque sempre un ottica minimalista: indumenti funzionali all'uso (ad esempio il parka usato esclusivamente per proteggersi dall' intemperie nel viaggiare in scooter) e colori poco sgargianti. Cosa era "in" un giorno, poteva essere "out" la settimana successiva.
La filosofia mod era proprio questo: prendere il meglio che la società offriva, non per seguire passivamente una moda, ma per puntare alla continua ricerca di una perfezione estetica 
e comportamentale individuale. Il fenomenomod nacque subito come stile elitario; solo coloro che avevano la costanza e la voglia di mantenere uno stile impeccabile erano accettati nel ristretto mondo underground dei mods, costituito da un circuito di locali dove si ascoltava un certo tipo di musica non ancora commerciale: jazz, soul, R&B e ska jamaicano sconosciuto ai più. Non era una questione di chi aveva più soldi, ma di chi maggiormente possedeva doti come originalità, gusto e inventiva.
Il fenomeno mod fu trasversale alla società londinese, tradizionalmente molto chiusa tra le diverse classi sociali. Essendo una questione di stile, esponenti dellaworking class non avevano niente da invidiare ai loro corrispettivi dell' upper class ed il rispetto degli altri mods si acquisiva indipendentemente dal proprio conto in banca. La musica era un aspetto fondamentale per ogni mod e solo chi aveva la voglia e il gusto di ricercare la musica più oscura era degno di far parte dei questa setta.
Quando verso il 1964 i media scoprirono questo fenomeno sotterraneo, il fenomeno perse molte delle sue caratteristiche fondamentali, soprattutto la sua qualità di fenomeno elitario. Tantissimi adolescenti cominciarono a definirsi mod, ma la massa determinò la conseguente morte di questo fenomeno. I mods divennero un fenomeno nazionale con programmi televisivi (Ready, Steady, Go!), gruppi musicali mod (WhoSmall Faces, Action) e soprattutto con gli scontri nelle località marittime contro i rockers, considerati da questi giovani mods diversi e troppo lontani da quell'ideale di stile (estetico e comportamentale) a cui loro tendevano. Con i mods divenuti un
fenomeno "mediatico" da baraccone, gli ispiratori originali dello stile smisero di appellarsimods, e preferirono definirsi "stylists", per differenziarsi dai ragazzini che avevano inflazionato la parola "mod". Verso il 1966, gli unici rimasti a portare avanti la bandiera dello stile mod, oltre a questa elite di "stylists" in incognito, era una nuova generazione di giovani che nell'underground delle periferie delle varie città inglesi si costituirono in gangdi quartiere e si definirono "hard mods". Il loro look era molto più spartano dei mods originali e molto più casual e da strada (a parte le serate dove ci si impegnava a mantenere alti gli standard di eleganza e stile). La musica prediletta era quella jamaicana e quella soul, mentre veniva vista con fastidio la musica fatta da gruppi (soprattutto inglesi) che ancora si definivano mods, ma che sia dal punto di vista estetico (vestiti sempre più sgargianti e colorati, capelli sempre più lunghi) che comportamentale (uso di droghe pesanti, atteggiamento sempre più trasandato) si erano allontanati dallo spirito originario del movimento mod e che in seguito diedero vita al fenomeno hippy.
Il fenomeno mod ebbe una fase di rinascita sul finire degli anni Settanta, quando un revival scaturito dall'uscita del film Quadrophenia e da gruppi punk che erano stati influenzati dall'esperienza mod (Jam, Secret Affair, Purple Hearts) diedero il via ad un fenomeno di massa che durò l'arco di due stagioni. Gran parte dei revivalistierano a digiuno delle vere origini dello stile mod e presto abbandonarono il tutto, per seguire qualche nuova moda. Questo revival ebbe comunque l'effetto di ridare impulso ad una nuova generazione di mods, che erano rimasti (nonostante venissero derisi dalla stampa come fenomeno anacronistico) anche dopo lo sgonfiarsi della moda. Decimati in numero, i mods negli anni Ottanta tentarono di ricreare la vera essenza dello spirito mod delle origini e diedero vita ad un circuito mod sotterraneo, autogestito e lontano dai riflettori, che bene o male è sopravvissuto ai giorni nostri diffondendosi anche al di fuori dell'Inghilterra.

Rockers E Mods : 2 Realtà Parallele 


L'atto di nascita dei Teddy boys può essere fatto risalire al 1953.
Fu in quell'anno, infatti, che l'esistenza dei teds divenne nota al grande pubblico, in occasione di un tragico fatto di cronaca avvenuto nell'area di Clepham Common, Londra: in una rissa tra una banda di teds e un gruppo di ragazzi, scoppiata quando uno dei teddy fu insultato, un giovane rimase ucciso.
L'episodio sancì l'inizio in Gran Bretagna di una vera e propria ondata di "moral panic": autorità, stampa e opinione pubblica indicarono unanimi nei Teddy boys il simbolo e al tempo stesso il capro espiatorio della decadenza dell'Inghilterra, nonché l'incarnazione di quella nuova devianza e "delinquenza" giovanile che esplodeva contemporaneamente nelle metropoli di molti paesi.
Nella ricostruzione della nascita del "folk devil ted”, alias un giovane teppista periferico dai gusti americaneggianti, dagli abiti vistosi, di foggia edoardiana, e dagli atteggiamenti "rough working class", appare evidente l'interazione tra atteggiamenti teppistici giovanili e comunicazione massmediale: quell'evento mortale del 1953, da cui prende spunto l'allarme sulla delinquenza giovanile, rappresenta infatti soltanto uno dei tanti episodi, in questo caso dagli esiti particolarmente tragici, della violenza che continuo' a segnare i rapporti di vaste fasce giovanili delle classi subalterne.
Anche prima della "emergenza teds" si erano infatti continuati a registrare i consueti e numerosi allarmi riguardo a "street violence, robbery attacks, blitz kids and cosh boys"; e le stesse caratteristiche comportamentali dei teds (l'aggressività, il senso del territorio, gli atteggiamenti virileggianti) si manifestavano apertamente, al di là di ogni contaminazione massmediale, come una continuazione dello stile di vita degli hooligans vittoriani ed edoardiani più che come il frutto del processo di "americanizzazione" della società e del clima di permissivismo a cui le forze conservatrici imputavano il fenomeno.
Al di là delle valenze più prettamente stilistiche e simboliche, lo stile ted sembra insomma voler ricalcare le caratteristiche storiche dell'approccio del sottoproletariato giovanile alle attività legate al tempo libero: le cronache allarmate del 1954 stigmatizzano le risse del sabato sera tra bande avverse, le violenze e le rapine, quelle stesse forme di vandalismo contro i vagoni ferroviari già registrate nel XIX secolo durante le trasferte calcistiche e non dei Victorian boys; e, come nel caso dei primi hooligans, tacciano i teds di "non britannicità".
Pur se principalmente mirato verso forme di divertimento quali la musica rock'n'roll, l'abbigliamento e il ballo, lo stile ted è invece pienamente partecipe dei tradizionali comportamenti giovanili Lumpen, tra cui spicca il rito della partita del sabato pomeriggio.

La Gioventù Americana Ed Europea Nel Secondo Dopoguerra 

Il secondo conflitto mondiale piegò il Regno unito.
Le risorse erano allo stremo, le città in rovina, la forza lavoro disoccupata.
Mentre negli Stati Uniti la realtà giovanile non aveva visto nulla della guerra e godeva del prospero sviluppo economico e della piena fiducia nel sogno americano, quella inglese si trovò in una condizione profondamente differente.
I giovani americani attivi nei consumi erano perlopiù studenti della middle class, ricchi e senza remore, quelli Europei si distinsero principalmente in due categorie: quelli appartenenti agli strati abbienti, culturalmente educati e tradizionalisti; e quelli lavoratori, cresciuti nelle strade e nei sobborghi.
I primi, spesso frustrati e frastornati dalla modernità, ammiccarono alla trasgressione, ma di fatto furono vincolati dalla scarsezza di denaro, in quanto pur facendo parte di famiglie agiate, i genitori non vedevano di buon occhio lo stile di vita da loro intrapreso e non elargivano loro, quindi denaro. Mentre i secondi, non avendo tali limiti e avendo un lavoro con cui sostenersi, abbracciarono più consistentemente il consumo moderno.
Quest'ultimi, grazie alla disponibilità di un salario consistente, che si accompagnò al boom economico (attivato grazie al piano Marshall), si emanciparono in senso filo-americano: poterono cioè permettersi uno stile di vita simile a quello dei coetanei d'oltre oceano.
Dunque, la sottocultura giovanile inglese degli anni '50 non fu tanto associata ad un'adolescenza scandita dalla vita scolastica, quanto agli immutabili ritmi settimanali del sabato sera e del lunedì mattina.
Era prevalentemente cultura della classe operaia, di giovani che lasciavano la scuola a quindici anni per andare a lavorare.
È in quest'ottica che va collocata la possibilità di costruire uno stile generazionale cosa che, in precedenza, era impedito dalla mancanza di strumenti economici e culturali .
Nel dopoguerra le paghe degli operai si quintuplicarono.
Questo voleva dire che, se il mondo degli adulti si indirizzava sempre più verso acquisti domestici (tv, elettrodomestici, auto), che le economie di scala rendevano progressivamente più accessibili, quello dei giovani lavoratori si destinò ad un consumo di diverso genere (abbigliamento, divertimenti,ecc.).
Perciò, in un paese che decideva, attraverso un esame sostenuto a 11 anni, chi poteva accedere alle scuole superiori, essere giovani, esclusi dall'istruzione, ma con la possibilità di poter lavorare e spendere, acquisì una dimensione nuova.
Verso i tardi anni cinquanta e primi sessanta, molti figli del baby-boom erano diventati teenager e si preparavano al R'n'R, erano quasi tutti figli della working class e fu naturale per loro unirsi in gangs.

C'erano disoccupazione e grandi speranze, le rivalità tra bande contrapposte costituivano i riflessi materiali di una contraddittoria realtà: da una parte più denaro da spendere in famiglia e tempo libero, dall'altra disoccupazione e degrado della vita suburbana.
Questo, in definitiva, lo scenario economico-sociale che caratterizza fortemente lo scostamento culturale tra il movimento britannico e quello americano nella pur comune matrice ideologico-generazionale del Rock'n'Roll.
E qui, a nostro avviso, nasce il misunderstanding che tuttora in culture "acquisite" e tendenti all'esterofilia come quella italiana, genera i "conflitti" tra le varie "anime" del Rock'n'Roll (Rockers, Hep Cats, Rockabillies, Psycobillies....) tra chi vive idealmente la patinata rappresentazione iconografica di una provincia americana paciosa e rassicurante fatta di belle macchine, feste di fine corso alle high school e quant'altro (cfr. films come "Grease") e chi, viceversa, sente tuttora fortemente l' "hard life" di una gioventù cresciuta tra le rovine e le tensioni sociali delle degradate periferie urbane europee (meglio rappresentato da cult-movie come "Leather boys").
Questa struttura sociale fu l'"impalcatura materiale" sulla quale il R'n'R espresse con i testi, e con il ritmo, l'idea di una cultura alternativa a quella ufficiale fatta di vestiti, films, ballo e, soprattutto, divertimento.

Sintesi Degli Stili Prevalenti

Mods

Movimento giovanile di breve durata nato in Inghilterra sul finire degli anni '50 come reazione ai rockers (o teddy boys).
 La spinta contro il sistema si affievolisce progressivamente fino ad adeguarsi allo status quo- che permette di acquistare dischi e una Vespa o una Lambretta da decorare con fanali e specchietti- lavorando e risparmiando. Le icone sono i Beatles, il programma televisivo "Ready, Steady, Go!". Lo stile si caratterizza per pettinatura a caschetto (bob) con scriminatura nel mezzo per entrambi i sessi; calzoni pied-de-poule a vita bassa, stivaletti con tacco o desert-boots Clarks, giacche in velluto stampato, gilets laminati, camicie rosa a quadretti con colletto tondo per i ragazzi; twin-set, gonne lunghe sotto il ginocchio, pochissimo trucco, calzettoni e scarpe senza tacco per le ragazze. Nel '79 l'Europa conosce una recrudescenza del fenomeno col nome di 'New Mod', reazione al movimento punk stimolata dalla complicità del film "Quadrophenia" di Frank Roddam.

Yè - Yè 

Movimento giovanile e moda degli anni '60, segnati dall'esplosione dei fenomeni massivi nel consumo di moda. I giovani possono scegliere in negozi a loro rivolti, quindi si assiste ad un declino dell'haute couture mentre l'abbigliamento maschile opta per colori più accesi rispetto agli anni precedenti, seguendo lo stile dei Beatles, leaders incontrastati del campo musicale e del costume di quel decennio.L'onomatopea tenta di riassumere lo stile d'abbigliamento di quel periodo caratterizzato da un trionfo di stampati d'ispirazione optical e di minigonne, le tinte più apprezzate sono quelle tenui di Biba (pseudonimo della stilista Barbara Hulanicki).

Surfers : 

Movimento giovanile e moda spontanea, dotato di una mitologia propria di eroi e racconti, nonché di riti di iniziazione. All'inizio degli anni '60 si diffonde tra gli adolescenti californiani, quasi a compendiare l'edonismo dell'epoca con feste sulla spiaggia con ragazze e corse in auto. Lo stile d'abbigliamento subisce un'evoluzione dal preppy look attraverso la contaminazione dello stile hawaiano verso un look sempre più rilassato, nel quale prevalgono calzoni ampi, felpe con o senza cappuccio, magliette dai colori vivaci e dalla grafica abbagliante. Esistono una versione montana (snowboarding) e una urbana (skating), nate come succedanei del surf in assenza di onde, ma poi evolutesi in linguaggi autonomi, divenendo propulsive anche per l'innovazione delle tecniche surfistiche e dello stile d'abbigliamento.

Hippies

Movimento culturale nato intorno agli anni 1966-67 a San Francisco nel quartiere bohèmien di Height Ashbury, dove si origina il primo nucleo dei Figli dei fiori. L'espressione è di etimologia incerta, forse derivante da hip (libero, nel vento) poiché il simbolo del fiore viene scelto per evocare innocenza e libertà. Il fenomeno h. intraprende una progressiva politicizzazione sul finire degli anni '60 , legandosi al movimento di contestazione contro la guerra in Vietnam, mentre nel decennio successivo va sviluppando l'idea di dare vita ad una società parallela a quella borghese, nella quale si possa vivere senza tabù, assecondando ispirazioni e desideri propri e attuando un comportamento totalmente libero anche nella sfera sessuale. Lo stile h. si contrappone al modello borghese ed è costituito dall'essenzialità: jeans, tuniche in cotone naturale, gonne e pantaloni a vita bassa (hipsters), sandali, assenza di trucco e capelli lunghi. Negli anni '80 la filosofia h. riaffiora e dà vita alla corrente New Age, che diviene tendenza moda nel decennio seguente, presentandosi come una interpretazione epurata dagli intenti politici, la quale rivendica soltanto libertà di porsi, vestirsi ed esibirsi.

Rockers

Nome di una tribù giovanile degli anni '50, associabile più a uno stile di vita che a un movimento di moda. Le origini si hanno nel '47, quando un gruppo di teppisti di Holister (California) effettuando scorribande su moto di grossa cilindrata, spesso arriva a distruggere i locali pubblici. L'abbigliamento tipico si compone di giubbotto di cuoio borchiato, stivali- sporchi da esibire sui tavoli- con jeans macchiati e sdruciti, serramanico e fazzoletto al collo da alzare sul viso, assemblati per esprimere il senso di sfida. Nello stesso periodo si sviluppano i movimenti dei 'Blouson noir' in Francia, degli 'Halbstarken' in Germania e dei 'Teddy Boys' in Inghilterra, tutti accomunati dall'icona di Marlon Brando in 'The Wild One'. Negli anni '60 si scontrano con i Mods invadendo i centri urbani, ma soccombono sul finire del decennio, pur rimanendo ispirazione per lo spirito di rivolta che attecchirà nei movimenti punk degli anni '70 ed heavy metal negli anni '80.

Figli Dei Fiori E Il Loro Tipico Abbigliamento

 I capelli, che a quel tempo sembravano scandalosi quando coprivano le orecchie e la fronte, diventarono sempre più lunghi. Ai primi stivaletti, maglia a righe e pantaloni attillati di derivazione dall'abbigliamento per il tempo libero americano, subentrò  la più sfrenata libertà di accostamenti di colori, materiali e stili. Personaggi carismatici come Mick Jagger o Brian Jones, il leggendario chitarrista dei Rolling Stones ,considerato l'uomo più elegante del mondo rock, ostentano jabots, velluti, lamé, pellicce, calzamaglie, stivali alla moschettiera, vestiti in tessuto da tappezzeria e da biancheria intima, accompagnati da collane, orecchini e un trucco sempre più smaccato.
Dal Settecento l'uomo non presentava più un'immagine di sé altrettanto vistosa e sessualmente provocatoria, in quanto arrivò quasi a mettere in ombra quell immagine femminile.
Per tenere il passo, la donna dovette giocare le stesse carte: trucco molto marcato, capelli lunghi e cotonati, pantaloni attillati, golf e magliette aderentissime, stivali sopra il ginocchio, calze a rete e in fine la rivoluzionaria minigonna tagliata appena al di sotto dell'inguine.
La moda si concentrò principalmente sui giovani.. Londra era la città che maggiormente interpretava questa richiesta giovanile
La minigonna diventò la protagonista assoluta della moda di quell’epoca. Il suo ingresso fu dato dalla stilista di successo Mary Quant.
Al posto di calze e reggicalze comparirono i primi collants colorati, mentre la biancheria intima cominciò a ridursi sempre di più al minimo.
La donna proposta sulle passerelle era la classica ragazza dalle caratteristiche adolescenziali: la famosa Twiggy, ragazza pelle e ossa.
I motivi fantasia che si ritrovarono sui mini-abiti, furono dati dall’influenza della pop-art. Furono utilizzati anche nuovi materiali come il vinile lucente, con effetto bagnato e tessuti acrilici e poliesteri di facile manutenzione. Il colore tornò finalmente ad esplodere!
I capelli venivano portati lunghi, sciolti e lisci. Furono diffusissimi i jeans: la moda diventò sempre più unisex.
Il prét – a porter godette del suo momento più esilarante, mentre andarono sempre più scomparendo le sartorie vecchio stile e i capi estremamente costosi.
Furono anni in cui ci si aprì al pluralismo degli stili e all’espressione della propria personalità. Così accadde anche nella moda.
La moda non venne più dalle alte sartorie, ma dalla strada!
L’etnico dominò su tutto: gli hippies furono i primi ad indossare bandane, giacche di camoscio e collane di perline, inducendo e sostenendo sempre dio più il rifiuto del consumismo.
Il glamour si affiancò all’etnico, e cosi nacque la moda Vintage
Gli shorts: Nei Sessanta si chiamavano 'Hot Pants' perché i calzoncini erano effettivamente corti e si fermavano all'altezza delle natiche. In realtà oggi le versioni supercorte sono una rarità e più spesso arrivano a metà coscia.

Hippies

Qualcosa stava accadendo. Qualcosa di strano, di incerto, di allarmante, di vivo. Qualcosa che minacciava  molte sane tradizioni di questo Paese, che reclamava il diritto di dare alla nazione la sua ultima possibilità di salvezza. I soggetti attivi di questo «qualcosa» furono chiamati hippies, happeners, flowers, children, beatniks, ecc.
 Il fenomeno stava dilagando in tutto il mondo come una scossa che sconvolgeva non solo le città ma anche i villaggi più remoti. Il libro citato era una raccolta di interviste ed articoli pubblicati sulla stampa cosiddetta «sotterranea» che era poi la voce ufficiale di questi ambienti hippies, per mezzo della quale trattavano i loro «problemi» che erano un miscuglio tra guerra, pace e religione, dalla politica alla droga, dall'amore e sesso alla scuola, ecc. ecc.
Nel recensire il libro («Il Tempo», 12 - 9 - 1969) Enrico Falqui scrisse: « Zozzerie? E' triste, per non dire grave, che le cose considerate tali fino ad ieri per la grande maggioranza, lo fossero ancora e a mala pena, per una minoranza sempre più esigua e sparuta». Ed aggiunse inoltre «Lasciarsi sfuggire un giudizio simile sia pure per cose che lo esigono di stretto dovere, si rischia di essere disprezzati come dei poveri benpensanti tra pavidi ed ipocriti». Infatti, bastava dissentire su certe manifestazioni o mostrare di non disprezzare tanto il modo di fare certe cose tradizionali che vi spifferavano sotto il muso la qualifica «matusa», «passatista», «tradizionalista», «conservatore», «antiprogressista» e «cafone».
Nello scorrere il libro si apprendeva che, secondo gli hippies, la droga faceva bene, che la Chiesa doveva morire, perché senza la morte non poteva esistere la resurrezione, ed altre cose che la pubblica decenza vietava di scrivere sui giornali e che riguardavano l'amore e altro, anche se fino a pochi anni fa si aveva un altro concetto di percepire e apprezzare questo sentimento.
Una lettrice di una rivista americana, sulla quale la grande attrice Marlene Dietrich curava una rubrica, formulò la seguente domanda, abbastanza semplice ma abbastanza imbarazzante:
«Che cosa è l'amore»? Marlene Dietrich rispose così: Se non lo avete conosciuto non lo capireste se ve lo spiegassi. Se l'avete conosciuto non avete bisogno di me per una definizione ... Comunque l'amore è una cosa su cui non dovreste cercare di riflettere. Come la Fede, è una cosa nobile, grande e lontana oltre la portata del nostro ragionare sul perché e sul percome».
Inopportuni rimescolamenti di queste cose alle volte ordinate anche dall'alto, avevano provocato un "terremoto" nelle menti meno preparate, che, scambiando la fede con il ragionamento e l'amore col sesso, avevano materializzato l'uomo e la donna, e, se a questo si aggiungeva l'errata interpretazione della libertà, ne veniva fuori un guazzabuglio tale e, senza gli opportuni chiarimenti e provvedimenti, si sarebbero avviati velocemente presso il baratro della depravazione totale con tutte le conseguenze disastrose per l'Umanità intera.
La contestazione, i dibattiti, il ragionamento non servivano, e non sarebbero serviti mai a far credere o a far amare.
Capelloni e chitarre elettriche non sarebbero riusciti a far elevare la mente a Dio. Né le «innovazioni» avrebbero avuto la virtù di cambiare il mondo in meglio, quando si volevano apportare a tutti i costi, rinnegando in toto qualsiasi cosa passata.
Il presente esiste in quanto è esistito il passato ed esisterà il futuro e, non sarà migliore del presente.
Agli hippies arrabbiati, agli «innovatori» e vedremo che però non hanno «innovato» un bel niente.
Si profila all'orizzonte un ritorno non sappiamo quanto gradito e profumato. Dopo l’enorme diffusione del tabacco da fumo, le donne fra breve metteranno fuori le «tabacchere» perché torna di moda


La Vita Hippies :

Una delle innovazioni presenti nella vita degli hippies fu, appunto come dicevamo prima, la droga  che secondo loro faceva bene, il fumo e un movimento che iniziò più tardi fu il nudismo il quale stava facendo passi da giganti. Inoltre dai giornali era avanzata la richiesta di un sacerdote di  celebrare la Messa per un gruppo rispettabile di fedeli, naturalmente nudi, in un campo apposito ed apprendiamo altresì che il sacerdote avrebbe dovuto «vestire» gli stessi indumenti che indossavano i fedeli. Inutile dire che la messa al camponon fu mai celebrata per l'atteggiamento «passatista» e «retrogrado» del vescovo di Aquisgrana il quale con una mentalità piuttosto «antica» sosteneva che per la Messa, il sacerdote doveva indossare ... almeno il camice e la pianeta. Da più parti si erano levate vibrate proteste, per questo attentato alla ... libertà. Se c'era stato il veto del vescovo vuol dire che prima c'era stata l'accondiscendenza del sacerdote?
In Africa, invece, continente sottosviluppato o in via di sviluppo e precisamente nella Repubblica del Malawi il Presidente dello Stato aveva dichiarato la così chiamata guerra alle minigonne.
Le ragazze avevano risposto picche al Presidente il quale per stroncare definitivamente il malcostume  vietava la vendita dei vezzosi e minuscoli indumenti e, qualunque ragazza, in minigonna o calzoni, colta alla presenza del Presidente, veniva immediatamente deportata.
Passiamo ora alle «innovazioni» urbanistiche e constatiamo che malgrado tutto, qualche cosa di buono, secondo loro, era tornato: lampioni a gas, infatti in alcune vie di Roma, prima, e di Genova poi, demolirono gli impianti di illuminazione elettrica ed al posto delle fredde e allucinanti lampade fluorescenti, rimisero i vecchi e romantici fanali a gas che armonizzarono con l'architettura della loro epoca.
Il movimento hippies stava rimodernando tutto lo stile di vita che secondo loro andava bene, mettendo sul mercato anche canzoni che sarebbero dovute essere irreperibili sul mercato perché sequestrate. Un  esempio riportato è il titolo della canzone: Je t’aime moi non plus (L’autore non viene citato).













                                  



mercoledì 23 maggio 2012

Estate 2012 le tendenze della moda

Estate 2012 le tendenze della moda.
2012, tarda primavera, estate sembra da nessuna parte in vista, come "all'inizio dell'estate," la parola nel marchio calendario là fuori, la gente sembra aver annusato il profumo della gardenia aperto. Molte spose anche preparato ad organizzare il proprio matrimonio in estate, per indossare il matrimonio più bello ed elegante, ma sposata in estate lo sposo di indossare ciò? Vediamo prima ad apprezzare il breve quadro abito da sposa in questa Xiaobian, non è più una foto vestito da damigella d'onore del brevetto, per creare i modelli estivi 2012 popolari di moda!
Ora alcune coppie che scelgono l'estate. Dal 2006, il matrimonio estivo è in aumento. Questa potrebbe essere la natura del lavoro di molte persone, come un insegnante, di solito impegnato con pressione di lavoro, l'estate è relativamente inattivo; molti ospiti in un paese straniero, basta lasciare questa volta, quindi l'uso di congedo per sposarsi; alcune persone non vogliono durante l'alta stagione per unirsi al divertimento, relativamente inattiva durante questo periodo, hotel, società di nozze, dedicato alla sua pianificazione, è possibile utilizzare anche un prezzo più abbordabile per selezionare un albergo buono stato ecologico, non preoccuparti di coda. Silk abito da sposa per l'estate
Tuttavia, i problemi dell'estate di sposarsi la sposa un po '. Sudorazione, e il trucco è facile da "spendere" fuori, abbellimento troppo, finale bellissimo matrimonio di lusso, permette soffocante sposa, gli ospiti si sentono ingombrante. Come mostrare agli ospiti di fronte a una sposa fresca e pulita poco? Abito da sposa sposa estate dovrebbe essere semplice e non dovrebbe essere ingombrante, il matrimonio degli ultimi due anni l'ascesa del tessuto di seta, soffice e traspirante, è la scelta migliore. Tuttavia, la scelta dei tessuti di seta di nozze è il miglior nuovo dopo il lavaggio, la consistenza un po 'meno di più. La sposa e le migliori condizioni per il proprio set personalizzato di nozze di seta ha in ogni fascia di prezzo, la fascia bassa di 1000-2000 yuan, l'high-end 10 000 -2000000.
Estate aspetto elegante, non adatto per pesante make-up, cercano di evitare attività all'aria aperta. A causa delle forti radiazioni ultraviolette sarà senza misericordia la tua pelle bianca di asciugatura rosso. Avanzare una serie di cura della pelle, in modo che il giorno delle nozze che mostra il fascino civettuola sposa. I capelli sposa Summer sostenendo semplice, naturale, non spruzzare stereotipi troppo di acqua, o capelli esagerata, insomma, per ridurre al minimo l'onere sui capelli.
2012, tarda primavera, estate sembra da nessuna parte in vista, come "all'inizio dell'estate,"la parola nel marchio calendario là fuori, la gente sembra aver annusato il profumo della gardenia aperto. Molte spose anche preparato ad organizzare il proprio matrimonio in estate, per indossare il matrimonio più bello ed elegante, ma sposata in estate lo sposo di indossare ciò? Vediamo prima ad apprezzare il breve quadro abito da sposa in questa Xiaobian, non è più una foto vestito da damigella d'onore del brevetto, per creare i modelli estivi 2012 popolari di moda!
Ora alcune coppie che scelgono l'estate. Dal 2006, il matrimonio estivo è in aumento.Questa potrebbe essere la natura del lavoro di molte persone, come un insegnante, di solito impegnato con pressione di lavoro, l'estate è relativamente inattivo; molti ospiti in un paese straniero, basta lasciare questa volta, quindi l'uso di congedo per sposarsi; alcune persone non vogliono durante l'alta stagione per unirsi al divertimento, relativamente inattiva durante questo periodo, hotel, società di nozze, dedicato alla sua pianificazione, è possibile utilizzare anche un prezzo più abbordabile per selezionare un albergo buono stato ecologico, non preoccuparti di coda. Silk abito da sposa per l'estate
Tuttavia, i problemi dell'estate di sposarsi la sposa un po '. Sudorazione, e il trucco è facile da "spendere" fuori, abbellimento troppo, finale bellissimo matrimonio di lusso, permette soffocante sposa, gli ospiti si sentono ingombrante. Come mostrare agli ospiti di fronte a una sposa fresca e pulita poco? Abito da sposa sposa estate dovrebbe essere semplice e non dovrebbe essere ingombrante, il matrimonio degli ultimi due anni l'ascesa del tessuto di seta,soffice e traspirante, è la scelta migliore. Tuttavia, la scelta dei tessuti di seta di nozze è il miglior nuovo dopo il lavaggio, la consistenza un po 'meno di più. La sposa e le migliori condizioni per il proprio set personalizzato di nozze di seta ha in ogni fascia di prezzo, la fascia bassa di 1000-2000 yuan, l'high-end 10 000 -2000000.
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Fix-design

 Avete presente la marca Fix-design? La marca con il fiocchetto..Vi facciamo vedere delle immagini...






Ci sono tanti tipi di personaggi disegnati...Questa marca è bellissima ma alcune cose costano tanto..Ma adesso ha cambiato nome in Duck farm e anzi del fiocco c'è la papera....e hanno aggiunte cose sportive..le cose costano di meno..è bellissima....Ecco delle immagini

E altri vestiti ci sono.... =D

Stati Uniti e Inghilterra

Ciao a tutti !!!  
Lo sapete adesso vanno tanto di moda le cose degli Stati Uniti e dell' Inghilterra?....siamo sicure che non ci siamo tanto spiegate bene,allora vi facciamo vedere delle immagini...... ;DD
                                                                Stati Uniti






Inghilterra

Storia della moda

Ciao,vi volevamo parlare dei anni 50 ma abbiamo cambiato idea....Allora vi parleremo la storia della moda..
Periodo Antico
La moda europea prima di Cristo


Nel bacino del Mediterraneo, popolazioni come etruschigreciromani si vestirono sostanzialmente coi medesimi capi, seppure con alcune varianti. Si indossava una veste che variava di lunghezza a seconda del genere - chiamata in Grecia chitone e a Roma tunica; nello specifico era una sorta di rettangolo senza maniche fermato sulle spalle da fibule e in vita da unacintura. In epoca arcaica le donne greche indossavano anche il peplo ripiegato nella parte alta creando una mantellina lunga fino alla vita. La varietà delle vesti era data non tanto dal taglio, ma dalla capacità di creare panneggi, sbuffi e piegoline. Per fare ciò, veniva usata un'attrezzatura, conosciuta anche da altri popoli antichi, che serviva a mettere in forma l'abito. L'uso di una o più cinture, a volte disposte diagonalmente, aveva lo stesso scopo. Cultori della prestanza fisica e dello sport, i greci preferirono abiti che non costringevano il corpo e che permettevano scioltezza di movimento. Sopra la veste si portava un mantello più o meno lungo e pesante. I mantelli greci più usati furono la clamide corta e rettangolare, che per le sue dimensioni serviva per cavalcare, e l'himation, più grande e portato da entrambi i sessi, avvolto attorno al corpo in modo da lasciare la spalla destra scoperta.
Gli etruschi indossavano come mantello la tebenna, ovale da cui si pensi derivi la toga romana. Solitamente allacciata con una fibula su una spalla, nell'ultimo periodo fu avvolta trasversalmente attorno al corpo lasciando un braccio libero. In generale i vestiti etruschi erano caratterizzati da colori molto brillanti.
Roma Antica
Al tempo dei primi re i romani indossavano tuniche e ampi mantelli probabilmente di derivazione etrusca. Per quanto riguarda l'uomo, l'abito usato nel periodo repubblicano prima e imperiale poi, fu la toga, un enorme mantello ovale in lana o lino, avvolto attorno al corpo a formare fitte pieghe verticali che venivano usate anche come tasche. Questo mantello dava alla figura l'aspetto virile e statuario che si confaceva al cittadino della potente Roma, intendendo per questo non colui che vi abitava, ma chi aveva ricevuto la cittadinanza come titolo onorifico. La toga conobbe un'evoluzione stilistica dalla repubblica all'impero. Se ne usavano di vari tipi, da quelle senatoriali orlate da una fascia di porpora, a quelle candide indossate da chi concorreva una carica politica (da cui deriva la parola candidato) a quelle di colore scuro per chi era in lutto. Nell'ultimo periodo dell'impero la toga si era talmente appesantita di ricami e decorazioni da essere abbandonata in favore di mantelli più liberi e sciolti. Le conquiste in Europa e in Asia influenzarono notevolmente la moda romana: furono introdotte le braghe e lemaniche di origine orientale. Nel tardo impero maniche strette furono applicate alla tunica, mentre la dalmatica, indumento proveniente probabilmente dalla Dalmazia, le ebbe piuttosto larghe.
La donna romana non aveva la libertà dell'uomo, tant'è che poteva uscire di casa solo accompagnata e ricoperta da un mantello portato anche sul capo. Le prime statue che la raffigurano ne esaltano la virtù della "pudicitia". La matrona indossava varie vesti sovrapposte: la tunica intima, la tunica, la stola, ossia una veste senza maniche fermata sulle spalle da fibule. Nel periodo dell'impero le acconciature femminili diventarono estremamente elaborate: le mode erano lanciate dalle mogli degli imperatori che si facevano raffigurare con l'acconciatura preferita che, ripetuta in copia nei busti marmorei, veniva imitata dalle altre. La matrona aveva una schiava appositamente incaricata l'ornatrix, che ogni mattina eseguiva ricci, corone, trecce. Dopo Nerone le acconciature diventarono torreggianti. Frequentissime erano le parrucche: le più ricercate erano quelle bionde, fatte con capelli di adolescenti germanici, mentre per quelle nere si utilizzavano i capelli delle donne orientali.
I Bizantini
La moda bizantina, chiaramente osservabile nei numerosi mosaici ravennati, in particolare in quelli dell'abside della Basilica di San Vitale, si diffuse in Europa soprattutto da quando l'imperatore Costantino, nel 330 d.C., trasferì la capitale da Roma a Bisanzio, ribattezzata poi Costantinopoli.
Importantissimo centro culturale, Costantinopoli diventò un punto di riferimento anche per l'abbigliamento, che si arricchì di influenze orientali. Di particolare rilievo fu l'introduzione della seta: bozzoli di bachi, secondo la leggenda narrata dallo storico Procopio, furono portati dalla Cina in Europa nel bastone cavo di due monaci. A Costantinopoli la produzione serica era severamente controllata da editti imperiali che ne limitavano l'uso ai ceti dominanti. Anche l'uso della porpora, colorante costosissimo ricavato da un mollusco, era riservato alla corte.

Teodora e le sue dame
In quanto alle forme degli abiti la moda non fu che un proseguimento della tarda romanità. Gli uomini usavano la tunica con le maniche, portata sopra un'altra tunica interiore, le braghe e la clamide. Quest'ultima, copiata dai romani alla moda greca, e notevolmente allungatasi, viene rappresentata con un inserto romboidale, il tablion, considerato un simbolo di potere e dignità. Nel mosaico in San Vitale l'imperatore Giustiniano ne porta una in porpora e panno aureo, mentre gli uomini del seguito hanno una clamide bianca con tablion purpureo.
Ricchissimo era anche l'abbigliamento femminile: nel mosaico citato, a fronte di Giustiniano, l'imperatrice Teodora indossa anch'essa tunica e clamide ricamata con i Re Magi in processione. Teodora si distingue per lo splendore dei suoi gioielli: un grande diadema con perle e gemme, lunghi orecchini e una mantellina anch'essa incastonata di pietre preziose. Le dame che l'affiancano indossano dalmatiche e mantelli più corti. La dalmatica era spesso ornata da strisce verticali; nei mosaici della Basilica di Sant'Apollinare Nuovo, questo indumento presenta solo per le donne l'orlo tagliato sbieco. Gli uomini invece indossano sulla tunica il pallium , mantello di origine greca.
Periodo Medievale
Dall'alto Medioevo fino al XII secolo
Dopo la definitiva affermazione del Cristianesimo, proclamato religione di stato nel 381 d.C., non vi furono sostanziali mutamenti nella moda per parecchi secoli, e i canoni dell'abbigliamento rimasero fissati a quelli dell'epoca tardo romana. Una delle cause fu l'ondata di depressione economica che attraversò l'Europa fino al Mille. Il senso del sacro, fortissimo nel periodo medievale, e la condanna della carne che ne derivava, mise in ombra l'essere umano come individuo naturale. Non a caso l'iconografia coeva rappresenta principalmente la vita di Cristo e dei Santi. La Chiesa raccomandava la massima modestia nel vestire; nei suoi scritti San Gerolamo si scagliò contro gli eccessi femminili, mentre Tertulliano definì la donna "la porta del diavolo". Anche per quanto riguarda l'uomo si accese una lunga diatriba se doveva o no tagliarsi i peli (dono naturale del Signore) sul mento e sul capo. Forse anche per questi motivi per moltissimo tempo non si sentì la necessità di una netta distinzione vestiaria tra maschi e femmine.
Lo sviluppo delle città, iniziato già dal Mille, aveva portato al sorgere dei Comuni che lentamente ebbero il sopravvento sui feudi. I comuni cambiarono completamente il volto della società italiana, perché l'organizzazione della vita cittadina era basata sul lavoro e sulla mercatura, attività in mano alla Borghesia.
Gli abiti erano così costituiti: sulla pelle nuda si portavano direttamente, anche se non sempre, la camicia, e a volte le mutande che i longobardi chiamavano femoralia. Vi si sovrapponevano poi due vesti, una tunica con maniche aderenti e una con maniche più larghe, che poteva anche essere sostituita da un mantello. Gli uomini continuarono ad usare le braghe. Il clima gelido delle case dove non esisteva ancora il camino e mancavano le finestre a vetri, determinò la diffusione della pelliccia, elemento di lusso usato come fodera.
Abissale era la differenza degli indumenti dei ceti più bassi rispetto a quelli signorili. Mentre i poveri spesso non avevano né scarpe né un mantello per coprirsi, i signori indossavano abiti serici ricamati in oro e calzature purpuree. Non si trattava soltanto di un'esibizione di status: a quel tempo si riteneva che i re e gli imperatori fossero investiti direttamente dall'autorità divina; non a caso uno degli oggetti che veniva consegnato durante l'incoronazione era il globo aureo sovrastato dalla croce, simbolo di potenza benedetta dal cielo. Si forniscono due esempi di costume regale. Nella Vita Mathildis scritta e illustrata da Donizone, la contessa di Canossa in trono indossa una tunica, una sopravveste con grandi maniche a imbuto, un mantello, un velo e un alto copricapo a punta. Tuttavia il più raro e compiuto esempio di corredo, tuttora esistente e conservato al Kunsthistoriche Museum di Vienna, è quello realizzato per Ruggero II di Sicilia nel 1133, come attestato dalla scritta in lettere arabe che circonda il bordo del mantello. Usate per incoronare gli imperatori, queste vesti sono costituite da due tuniche, una azzurra e l'altra bianca, da calze, guanti, cintura, e da uno splendido mantello di seta scarlatta ricamato in oro e perle con due leoni che abbattono due cammelli. Il simbolo rappresenta probabilmente la vittoria della fede cristiana su quella musulmana.
Il 200 e Il 300
Questo periodo è anche chiamato Gotico, appellativo che per gli uomini del Rinascimento significava barbarico in quanto le opere d'arte non seguivano le regole auree della prospettiva e la natura era rappresentata solo in forma molto stilizzata. Infatti la Chiesa, nonostante le crisi interne, aveva ancora una forte influenza sulla vita quotidiana, e l'uomo era visto esclusivamente come una creatura che dipendeva in tutto dalla potenza divina. I comuni prosperavano: nacquero le prime corporazioni, che imposero statuti con rigide regole. Le attività e i commerci più importanti in Italia si basavano sulla raffinazione dei tessuti, spesso provenienti dall'estero, o sulla tessitura di drappi preziosi. A Firenze la potente Arte di Calimala, importava lana dall'Inghilterra e la rivendeva a prezzi altissimi. Lucca e Venezia furono al centro di una pregiata attività tessile e sartoriale. Le decorazioni erano spesso prese da fontiorientali, poiché il commercio si spingeva fino in India e in Cina, lungo la famosa via della seta, riportando in Europa nuovi stili ed immagini.
Anche la lavorazione delle pellicce, usate come fodere e ormai entrate nell'uso comune, era soggetta a precisi regolamenti. La moda maschile e femminile pur conservando ancora una certa fissità nel Duecento, iniziò un processo di crescente restringimento degli abiti. Novità di questo secolo fu l'introduzione dei bottoni, che permettevano di far aderire vesti e maniche al corpo. Il valore del vestito era ingenuamente determinato dalla quantità di stoffa che si indossava; nacquero così - nella moda femminile - i primi strascichi, che compensarono la perdita di tessuto sul busto. Lo strascico fu particolarmente avversato dalle leggi suntuarie e dalla Chiesa, tant'è che proprio in questo periodo il cardinale Malebranca, legato pontificio a Bologna, proibì alla donne di portarlo, colpendo le disubbidienti con la mancata assoluzione in confessionale, pena gravissima per quei tempi. Il sensibile allungamento che la moda dava al corpo umano è stato da alcuni paragonato al verticalismo delle chiese gotiche. La roba, come era chiamato l'insieme degli abiti, si componeva di una camicia, di una veste, sopravvesti con o senza maniche, e mantelli. Per l'uomo erano sempre d'obbligo le braghe. Un nuovo indumento maschile di origine militare fu invece il farsetto, un corto giubbotto portato direttamente sulla camicia. Sul capo si indossavano una cuffietta bianca e un mantello a cappuccio per l'uomo e un velo per la donna, a cui la Chiesa imponeva di nascondere i capelli.
Alla fine del secolo furono inventati gli occhiali, probabile opera di un modesto vetraio veneziano. Il primo documento figurativo risale tuttavia alla metà del secolo successivo: a Treviso, nella sala capitolare di San Nicolò, Tommaso da Modena ci ha lasciato un affresco con il cardinale Ugone di Provenza munito di questo importante accessorio.
Dal Trecento in poi si verificò una vera e propria rivoluzione vestiaria: per la prima volta dopo secoli gli abiti maschili si differenziarono nettamente da quelli femminili: la donna continuava a portare vesti attillate ma rese sempre più lunghe dallo strascico, mentre verso la fine del secolo grande scandalo suscitò l'introduzione della scollatura, stigmatizzata anche da Dante. L'uomo indossò abiti cortissimi che mostravano completamente le gambe. Anche le braghe si restrinsero diventando vere e proprie calze terminanti in una lunga punta, allacciate solitamente al farsetto e munite di una suola che permetteva di escludere le calzature. Per la prima volta nella storia della moda maschile si evidenziò una distinzione tra la parte soprastante e quella sottostante dell'abito, che nei secoli avrebbe portato alla formazione di giacca e pantaloni. I vestiti erano spesso divisi verticalmente in due colori; a questi ultimi si attribuiva spesso una simbologia politica di appartenenza a fazioni o a corti signorili. Nel Trecento le decorazioni aumentarono ed erano concentrate soprattutto sulle maniche dove venivano ricamati stemmi araldici delle famiglie più in vista. Le affrappature erano orli tagliati in forma di foglia che decoravano la sopravveste. Sul capo, oltre alla cuffia, si indossava il berretto arrotolato come un turbante. Le case poco riscaldate e dalle finestre non sempre chiuse da vetri (costosissimi a quei tempi) obbligavano la gente ad un uso massiccio delsoprabito: tra i più diffusi erano la pellanda e la giornea, la prima ornata da lunghissime maniche, la seconda munita di due aperture laterali per passarvi le braccia.
Il XV secolo
Questo e il periodo successivo sono stati denominati Rinascimento, perché l'arte si era liberata dalle pastoie del periodo Gotico. La rinascita dell'Umanesimo, la scoperta dei classici greci e latini, e lo studio appassionato che fecero delle rovine romane gli artisti del periodo, portarono ad una riscoperta della centralità dell'uomo rispetto all'Universo. Per la prima volta si riaffrontò lo studio delle proporzioni, aiutato dalle prime dissezioni anatomiche, proibite peraltro dalla Chiesa. Uno dei primi disegni che rappresenta le proporzioni perfette del corpo umano è l'uomo vitruviano di Leonardo da Vinci in cui la figura è iscritta in un quadrato e in un cerchio, le due principali forme geometriche più vicine alla perfezione.
La moda del periodo era dettata dalle corti signorili come i Medici a Firenze, i Montefeltro a Urbino, gli Sforza a Milano. Le corti avevano spesso la tendenza a sottolineare il lignaggio con colori propri o con scritte, dette Imprese, in cui erano indicati sentimenti o azioni da intraprendere. Gli stessi colori erano estesi alla servitù, e si andarono creando le prime livree. Dal Quattrocento fino alla prima metà del Cinquecento, uomini e donne indossarono abiti che ne sottolinearono le forme senza alterarle. All'inizio del Quattrocento tuttavia il vestito femminile, ancora influenzato dallo stile gotico, ebbe lunghi strascichi e maniche pendenti. Con l'inoltrarsi del secolo lo strascico sparì, ma vi furono altre novità: per la prima volta la gonna fu staccata dal corpetto, dispiegandosi con leggere arricciature. Le maniche inoltre erano dotate di lunghi intagli da cui usciva a sbuffi la candida camicia. L'uso di laccetti permetteva la possibilità di cambiare maniche sul medesimo vestito, custodendole in un forziere. Le maniche signorili erano infatti impreziosite da gemme e puntali in oro, e si trattavano con la cura di veri e propri gioielli. Gli uomini invece continuarono a mostrare le gambe e indossarono abiti che ne rigonfiavano il torace. Per questi ultimi il farsetto, un tempo considerato indumento intimo, fu accorciato e messo apertamente in mostra, assieme a calzebraghe aderentissime che fasciavano i glutei. L'esibizione del corpo maschile era ormai completa, e per coprire gli organi genitali fu inventata la braghetta, una sorta di pezza di tessuto, che veniva usato anche come tasca. Questo tipo di moda era seguita soprattutto dai giovani, mentre le persone che avevano una carica pubblica o una specifica professione, come i medici e gli insegnanti, continuarono a portare abiti larghi e lunghi.
Periodo Moderno
Il XVI secolo
Durante il XVI secolo le vicissitudini della vita politica italiana, contesa tra Francia e Spagna, e la caduta della penisola sotto l'influenza spagnola, finirono per influenzare la moda che si può suddividere in due momenti, con fogge completamente diverse. Nella prima metà l'influsso Rinascimentale propose ancora il trionfo del corpo: le vesti cominciarono ad allargarsi. Non fu più di moda il tipo gotico longilineo, ma la donna rotonda come le Veneri di TizianoVenezia fu in particolare la città italiana dove il costume femminile si espresse con maggior libertà: scollature profonde ed elementi tratti dall'abbigliamento orientale, come i primi orecchini che, come riferisce un cronista scandalizzato foravano le orecchie "a guisa di mora". Alcune stranezze del vestiario femminile colpirono i contemporanei: ad esempio l'uso di portare sotto la gonna, braghe rigonfie lunghe fino al ginocchio, moda probabilmente importata da Lucrezia Borgia. Le veneziane si tingevano anche i capelli di rosso tiziano. L'uomo cercò di accentuare la sua virilità: muscoloso, con spalle larghe e barba folta, metteva in mostra anche i suoi attributi sessuali, indossando la braghetta una sorta di rigonfio sull'inguine chiaramente fallico. Si continuarono a usare più abiti sovrapposti, spesso con maniche tagliate da cui uscivano gli sbuffi della camicia; la pelliccia fu più evidente nei grandi colli a scialle dei soprabiti. La più pregiata era la lince, detta "lupo cerviero".
Dalla seconda metà del Cinquecento mentre nel resto d'Europa si erano già formati gli Stati nazionali, l'Italia fu divisa in principati, alcuni retti direttamente da dinastie non italiane. Da questo momento in poi iniziò un processo di maggior irrigidimento dei costumi, forse a causa dell'influenza della moda Spagnola, e dell'intervento morale della Controriforma. Gli abiti tornarono a chiudersi sul busto, scomparvero le scollature che alla fine del secolo furono sostituite da un abito a collo alto e dalla gorgiera, un rigido collo di pizzo inamidato. Fecero anche la loro comparsa i primi busti, in metallo, con la punta che si spingeva verso il ventre. Le gonne si disposero in una rigida campana grazie all'introduzione delle prime sottogonne imbottite. Anche gli uomini cambiarono stile, chiudendo come le donne il collo del busto, ma continuando a mostrare le gambe, a cui si sovrapponevano nella parte superiore bragoni rigonfi e tagliati verticalmente, di forma ovoidale. Le gambe muscolose furono una vera e propria esibizione di vanità: sappiamo che Enrico VIII d'Inghilterra andava fiero delle sue. Altri cronisti, scandalizzati, riferiscono che alcuni uomini con le gambe smilze si imbottivano i polpacci. Il colore nero, di derivazione spagnola era preferito tra gli altri. La rigidezza degli abiti, che trasformava la figura in forme geometriche e impediva movimenti sciolti, dava al corpo una forma ieratica che sottolineava la superiorità morale dell'aristocrazia rispetto alla volgarità della plebe. Si andava delineando con molta forza il vestito delle classi alte, che trovò un parallelo anche nell'arte, dove il popolo era dipinto in forma grottesca e caricaturale.
Il XVII
Occupata prima dalla Francia, poi dalla Spagna, l'Italia iniziò un periodo di decadenza che si rifletté anche sulla moda. Infatti le nazioni vincenti imposero forme e colori, e il baricentro dell'eleganza si spostò soprattutto a nord. Da questo periodo fino a quasi i giorni nostri la Francia fu il paese da cui tutta l'Europa, e in particolare la nobiltà, copiò gli abiti. Il centro di maggiore irradiazione diventò la corte del re. Si apriva il periodo denominato Barocco e caratterizzato da un'esuberanza di forme e da un accostamento, spesso eccentrico, di materiali. La Spagna ebbe minor influenza, se non per l'uso, copiato soprattutto in Italia, del colore nero.
Questo periodo fu detto Barocco, (termine incerto che indica stravagante o bizzarro) con cui definiamo solitamente il XVII secolo. Caratteri principali dell'arte barocca furono la sovrabbondanza di decorazioni, di marmi, di stucchi; si voleva che di fronte a un quadro o ad un edificio lo spettatore rimanesse stupito e meravigliato; si voleva stimolarne l'immaginazione, con un forte senso di teatralità. Anche il vestito fu caricato fino all'inverosimile, perdendo del tutto il senso di essenzialità che era stato caratteristico del primo Rinascimento.
Nei primi anni del secolo la moda femminile fu caratterizzata dai rigidi busti a punta, dalla gonna a campana, dal collo a gorgera, detto anche "ruota di mulino" o "lattuga". Gioielli erano sparsi su tutto l'abito. Successivamente, per influenza francese, le vesti tornarono ad aprirsi sul davanti, arricciandosi lateralmente con scollature a barchetta sottolineate da grandi collari di pizzo. Verso la fine del secolo la donna indossò una veste aperta davanti e sovrapposta a una gonna, che aveva lo strascico arricciato nella parte posteriore. Si introdusse la moda delle cuffie, dette alla Fontange, nate per caso dalla omonima favorita del re Sole che, durante la caccia, si spettinò i capelli e, audacemente, si sollevò la gonna e con le giarrettiere creò questa nuova acconciatura[3]. Spopolarono anche i falsi nei in seta (conosciuti già all'epoca dei Romani) che avevano un significato galante a seconda della posizione in cui venivano incollati. Anche il costume maschile, rigido all'inizio, diventò più sciolto.
La guerra dei Trent'anni tra Francia, Spagna e Inghilterra modificò il comportamento maschile, che doveva sembrare maestoso con le spalle tirate indietro, con la mano perennemente appoggiata sul fianco, le gambe ben piantate, il viso col mento rialzato: un maschio atto alle armi, che incuteva paura. Caratteristico il costume quasi militaresco, con l'uso perenne degli stivali in cuoio, lo spadone e marziali baffi alla moschettiera, mentre la scia dei bravi che seguivano il signore non faceva che instillare timore e rispetto.
L'influenza del Re Sole sulla moda
Il peso più importante sulla moda lo ebbe Luigi XIV, detto il re Sole. Luigi infatti obbligò la nobiltà francese a trasferirsi a Versailles, memore dei problemi che i suoi antenati avevano avuto coi feudatari ai tempi della Fronda. La vita della reggia ruotava attorno a lui, che comandava la sua corte in modo assoluto, imponendo comportamenti e stili vestiari. Precise regole obbligarono i cortigiani a indossare determinati capi d'abbigliamento. L'estetica maschile abbandonò i segni della forza. Il nuovo tipo di cortigiano fu chiamato homme de qualité, e aveva alcune precise prerogative come l'essere ricco, alla moda, e ricevuto in società, escludendo a priori la classe borghese.
Tra il 1655 e il 1675 si impose il periodo più ricco e stravagante della moda francese, che perse la sua severità e si caricò di ornamenti frivoli. Particolarmente curiosi furono i calzoni alla Rhingrave, presentati a corte dal Rhein Graf (conte del Reno) e costituiti da una gonna pantalone molto larga e ornata di nastri e fiocchi laterali. Sopra al busto si indossava un bolero da cui fuoriusciva fluente la camicia. Aboliti gli stivali, tornarono le calze e le scarpe col tacco, che era rosso solo per il re e la nobiltà. Sotto il suo regno il Re regolava l'abito secondo le stagioni, le circostanze, il rango. Indicava la lunghezza dei galloni e perfino il materiale dei bottoni. Il re proibì l'uso delle casacche ornate d'oro e d'argento che concesse solo agli uomini più meritevoli della sua corte. Nacquero così i justaucorps à brévet, ossia casacche azzurre foderate in rosso e portate solo dalla sua scorta privata.
Una novità assoluta fu l'introduzione della veste a tre capi: marsina (una giacca al polpaccio), sottomarsina, un lungo gilè, e braghe corte al ginocchio. Questo insieme, detto abit à la français, fu copiato in tutta Europa. Altra novità fu l'uso della parrucca maschile, un torrione di riccioli che arrivava a mezzo busto e ingrandiva e stilizzava l'aspetto di chi la portava. La parrucca più costosa era di capelli veri, mentre chi non se la poteva permettere se la faceva fare in crine o lana.
Infine al Seicento si deve l'invenzione della cravatta, all'inizio una lunga striscia di mussola ornata di pizzo che veniva avvolta negligentemente attorno al collo. Questo tipo di nodo provvisorio fu imitato dopo la battaglia di Steinkerque, quando gli ufficiali dovettero accorrere in fretta e furia sul campo, annodandosi malamente la cravatta. Il merletto, inventato a Venezia un secolo prima, e rigidamente protetto dalle leggi della Repubblica, fu introdotto con uno stratagemma in Francia e adottato da uomini e donne.
Il XVIII
Denominato anche barocchetto o rococò, dal nome di decorazioni a pietruzze e conchiglie allora di moda, il secolo seguitò, almeno fino alla Rivoluzione francese, ad essere influenzato dalla moda aristocratica della corte di Francia. In Italia l'imitazione fu spinta al punto che anche parrucchieri e cuochi dovevano avere un nome o una provenienza d'oltralpe. Verso la fine del secolo, grazie alla potenza economica derivata dal colonialismo e dalla Rivoluzione industriale, l'Inghilterra diventò importantissima per la diffusione delle mode, soprattutto maschili. Per tutto il secolo successivo e parte del Novecento gli uomini eleganti si fecero fare vestiti e accessori direttamente a Londra.
Fino alla Rivoluzione francese la moda femminile fu caratterizzata da colori chiari, fiorellini intessuti e merletti. Una nota di sensuale civetteria si insinuò nel costume: scollature profonde, falsi nei maliziosamente appoggiati sul seno, avambracci scoperti. Tuttavia la figura era rigidamente ingabbiata dal busto e dal panier, una sottogonna in stecche di balena che dava all'abito una forma piatta e ovoidale. Il panier era talmente largo che le signore avevano difficoltà a passare per le porte e potevano sedere su un unico divano. L'abito più diffuso fino al 1770 fu l'andrienne, detto anche robe à la française, che aveva sul retro un lungo manto a strascico che comportava l'uso di metri di tessuto. Questa moda derivava dal teatro, dove un'attrice si presentò sulla scena della commedia Andria vestita con un grande abito a campana.
Dopo il 1770 la linea della veste diventò rotondeggiante e si accorciò fino a mostrare la caviglia. Comparvero sopravvesti arricciate sul retro e aperte davanti, dette polonaise, e giacchette corte e strette, antenate del moderno tailleur. Intanto Maria Antonietta si era fatta costruire a Versailles un villaggio rustico, l'hameau de la Reine, dove, vestita con abiti di mussola dai colori pastello, cappelli di paglia e con un fazzoletto di pizzo bianco al collo, il fisciù, coltivava ortaggi e allevava animali.
Con la scoperta delle rovine di Pompei, rinacque l'arte greco-romana. Il gusto neoclassico che si faceva avanti portò una ventata di semplicità, e le donne indossarono la robe en chemise, una veste lunga, soffice e spesso candida. Per l'uomo continuò l'uso dell'abit à la française, ma con colori chiari e decorazioni ricamate. La giacca superiore, detta marsina, era decorata da file di bottoni e, fino alla prima metà del secolo, ebbe falde molto svasate grazie a imbottiture cartonate nascoste. La marsina si evolse e diventò una veste lunga e stretta, mentre la sottomarsina si accorciò trasformandosi nel gilet. Comparve anche un piccolo collo montante. Dopo il 1770 comiciarono a insinuarsi, soprattutto nell'abbigliamento maschile, mode che venivano dall' Inghilterra. Questa nazione, grazie alla Rivoluzione industriale e alla ricchezza dei suoi commerci coloniali, si impose come modello per tutta l'Europa ed i semplici abiti dei gentiluomini inglesi entrarono definitivamente nella storia della moda. In particolare il frac, e la redingote il cui nome deriva dall'inglese riding coat, e che indicava una veste aperta dietro per poter cavalcare comodamente.
Caratteristica del secolo è la parrucca usata dai due sessi e abbondantemente incipriata dopo essere stata impomatata con creme fissanti. La regina di Francia Maria Antonietta si fece fare dal suo parrucchiere Leonard acconciature monumentali sormontate da gabbie per uccelli, fiori, gemme, fiocchi, pizzi e perfino velieri e carrozze. Fino alla Rivoluzione francese si videro solo teste bianche. Anche il trucco fu diffuso tra uomini e donne: in generale la figura maschile si fece più leziosa e meno marziale che nel Seicento. Con la Rivoluzione francese una violenta reazione popolare investì anche la moda aristocratica: cominciarono a scomparire tessuti pregiati, trucchi, panier e merletti. Si abbandonò la seta per la mussola di cotone. Non l'oro e i diamanti, ma il ferro fu usato come materiale principale per i gioielli. Le signore iniziarono a portare attorno al collo un nastro rosso, detto alla ghigliottina perché voleva imitare il segno della testa staccata dal busto. Fu perfino inventato il taglio di capelli à la victime, che ricordava la tosatura imposta alle condannate. Comparvero coccarde tricolori per indicare l'appartenenza rivoluzionaria.
Periodo Contemporaneo
Il XIX Secolo
La moda ottocentesca è espressione del ceto borghese, che dopo la rivoluzione francese conquista il potere politico ed economico in Europa, imponendo i suoi ideali e il suo stile.
È soprattutto l'abbigliamento maschile che registra un significativo e radicale mutamento. Un lookaustero e rigoroso, con tagli semplificati, tessuti di panno robusto, e decorazioni ridotte al minimo, sostituì il frivolo costume barocco; in tal modo vennero evidenziati la serietà del mondo del lavoro, la praticità, la prudenza, il risparmio, l'ordine. Il nuovo abito maschile ha una patria: l'Inghilterra, che propose un'eleganza più pratica e civile, influenzata dai modi informali, dalla passione per lo sport e la vita all'aria aperta del gentiluomo inglese. Due furono i vestiti informali introdotti: il frac, adottato per andare a caccia e per la vita in campagna, con falde molto arretrate e colletto alto. In seguito diventò l'uniforme del vero gentleman e fu portato di giorno ma soprattutto di sera, per le occasioni eleganti. La redingote era all'inizio una giacca da equitazione, una lunga giubba a due falde e aperta sul dietro che permetteva di stare comodamente in sella.
Abbandonata la destinazione sportiva si trasformò in abito da città e da lavoro fino a prendere il significativo nome, dopo la metà del secolo, di finanziera, proprio perché portata dal ceto borghese che si occupava di politica, affari e finanza. Antesignani del nuovo corso che puntava, per identificare il vero gentiluomo, sulla tendenza alla semplificazione e sullo stile furono in Inghilterra i dandy: il più famoso tra loro fu Lord Brummell, che impose il suo modo di vestirsi in tutta Europa. Il suo edonismo esasperato diventò proverbiale e il suo motto: ”Per essere eleganti non bisogna farsi notare” fu legge per tutti gli uomini alla moda. Brummell puntò sull'esasperata perfezione dei particolari: la "cravatta" che doveva essere inamidata e con fiocco adatto alle diverse occasioni; l'acconciatura, per la quale Brummel pretendeva tre parrucchieri, i "guanti" che dovevano essere realizzati da due guantai diversi, uno per i pollici, l'altro per le dita. Inoltre Brummell, che detestava i colori sgargianti, impose il blu per il frac e il beige per i calzoni. L'evoluzione del costume ottocentesco maschile si tradusse dall'abito stretto del periodo napoleonico a quello largo in uso dopo l'unità d'Italia. Elementi fondanti del guardaroba furono: i pantaloni, il gilet e i soprabiti. I pantaloni lunghi, derivavano dal mondo del lavoro e della marina. Il gilet o panciotto aveva la funzione di modellare il torace maschile, dandogli la convessità delle antiche armature. La giacca corta, introdotta dopo il 1850 e all'inizio molto criticata per la sua forma a sacco, era caratterizzata dalla brevità e dalla larghezza, ed entrò stabilmente nel guardaroba come abito diurno e come complemento di indumenti estivi. Il paletot o cappotto: consacrato sotto il Secondo Impero, di linea ampia e avvolgente, e di derivazione marinaresca; definito dai suoi osteggiatori “un barile di panno” piacque proprio per la sua comodità e disinvoltura passando anche all'abbigliamento femminile. Quando, tra gli anni trenta e cinquanta, grazie alla scoperta della vulcanizzazione della gomma, cominciarono a diffondersi i primi soprabiti impermeabili, il paletot fu creato anche in versione da pioggia.
La cravatta, oggetto di appassionata attrazione, doveva corrispondere a una serie precisa di requisiti, che potevano sintetizzarsi nel motto “ad ogni occasione la sua cravatta”; all'inizio del secolo era rigorosamente bianca e inamidata. Le prescrizioni riguardavano anche i nodi, che dovevano essere sempre perfetti e appropriati alle circostanze, in modo che ad ogni occasione mondana corrispondesse la cravatta giusta. Dopo la metà del secolo diventò sempre più piccola, e fu fatta anche in tessuti colorati.
Riguardo l'abbigliamento femminile, all'inizio del secolo la donna indossava un vestiario leggerissimo e trasparente. La rivoluzione francese, con il culto della Ragione e l'abolizione delle leggi Suntuarie, portò una ventata di anticonformismo che tuttavia durò meno di vent'anni. Nel periodo post-rivoluzionario, si abolirono i busti mentre i vestiti erano semitrasparenti anche in inverno. La moda detta anche del nudo, prescriveva che non si portassero più di un etto e mezzo tra abiti e scarpe. Un'ondata di influenza e il divieto - posto da Napoleone - di importare le leggere mussole indiane, fecero sì che la moda adottasse abiti più pesanti e chiusi.
La libertà femminile durò poco: già dopo il 1830 all'interno della famiglia borghese il compito della donna era riservato esclusivamente allo spazio privato dove era custode dell'ordine, del buon convivere, della pace e della moralità. Ancora di salvezza spirituale, portatrice di valori e di virtù, essa incarnò almeno fino alla metà del secolo l'ideale dell'angelo del focolare, modello che si affermò anche in campo estetico influenzando il gusto corrente: obbligatori la modestia del gesto, la prudenza del comportamento, lo sguardo dolce e timido. L'abito ormai chiuso attorno al collo, aveva maniche lunghe e spalle cadenti, mentre le linee del corpo tondeggianti simboleggiavano fragilità, dolcezza e arrendevolezza. La sensualità era rigorosamente controllata, gli istinti severamente repressi: il corpo era nascosto da gonne lunghe e strati di biancheria: camicia, busto, copribusto, molteplici sottogonne, mutandoni che diventarono indumento stabile. Il busto era una corazza di tela irrigidita da stecche di balena che poteva causare anche dolori e svenimenti. Doveva assicurare il vitino di vespa, e lo si portava obbligatoriamente fin dall'infanzia, in quanto era opinione comune che esso dovesse correggere i difetti del portamento e sostenere la “naturale” debolezza della spina dorsale femminile. La soddisfazione carnale per l'uomo si raggiungeva fuori casa: l'Ottocento è anche l'età d'oro delle case di tolleranza, e delle cocottes, le cortigiane francesi famose e celebrate che, dal 1850 in poi, dettarono moda, proponendo un nuovo ideale estetico più provocante e sfacciato, sostenuto dall'avvento sulla scena letteraria della figura della Femme fatale.
Il vestito femminile si evolse nelle sue linee: all'inizio del secolo la sottana mostrava la caviglia, per poi allungarsi fino ai piedi nel 1840 allargandosi sempre più con la cupola dellacrinolina; si prolungò con lo strascico dopo il 1870; ritornò infine a una lunghezza moderata e ad una linea a campana. Il punto vita, alto fino al 1822, si abbassò alla sua posizione naturale e scese a punta sul davanti alla fine del secolo. Influenzato anche dai movimenti culturali, il costume femminile trovò ispirazione in fogge che guardavano al passato e alla storia: all'inizio del secolo il neoclassicismo imperante voleva tutte le donne vestite e pettinate come statue greche. Con l'avvento del romanticismo gli abiti si coprirono di pizzi e balze; ci si ispirò alla storia, al gotico e al Rinascimento, alle eroine del melodramma. Con l'avanzare del secolo il gusto si spostò verso lo stile rococò, molto amato da Eugenia de Montillo. Attorno al 1870 trionfò l'eclettismo e si moltiplicano passamanerie e applicazioni; a fine secolo si ritornò a una linea che si ispirava alle corolle dei fiori mentre trionfava l'art Nouveau. Infine, ogni occasione doveva comportare, nei manuali di galateo, una veste appropriata per la signora elegante, sempre adeguata al ruolo mondano da interpretare: abiti da casa, da viaggio, da passeggio, da carrozza, da visita, da ballo, da lutto, da mezzo lutto, e soprattutto abiti da sport. Lo sport si fece largo dopo la metà nel secolo, e richiese indumenti appropriati per ambo i sessi: il costume da bagno era, per la donna, un compromesso tra il bisogno di avere un indumento con cui muoversi adeguatamente in acqua e l'imperativo morale di nascondere quanta più epidermide possibile. Il completo da amazzone comportava una lunga gonna a strascico che doveva scendere a coprire le gambe quando la donna cavalcava seduta di fianco sulla sella. Il secolo doveva però scoprire altri sport, come il golf, il tennis e la bicicletta. Dopo il 1890 comparirono gli abiti per le cicliste tentando anche un precoce ripudio della sottana: calzoni alla zuava coprivano le gambe fino al ginocchio avendo a volte quale unico compromesso una corta tunica per nascondere parte dei fianchi.
Il Novecento fino alla seconda guerra mondiale
Dall'inizio del secolo al 1918
Dai tempi del re Sole dire moda voleva dire Parigi. La moda del Novecento è invece sempre più veicolata dai mezzi di comunicazione e dalle novità tecniche che si affermano col cinema, con la fotografia, con i giornali e la televisione. Per questo motivo i cambiamenti di stile assumono una rapidità precedentemente sconosciuta, in modo particolare nel costume femminile, che esce completamente dagli schemi dei secoli precedenti. Le ragioni, abbastanza complesse, possono essere riassunte in alcuni punti fondamentali: la lotta delle Suffragette per ottenere il voto delle donne; l'entrata delle stesse nel mercato del lavoro dovuta alla partenza in guerra degli uomini; il fenomeno delle avanguardie artistiche cui si ispirano molti coutouriers. All'inizio del secolo dettavano legge La Maison Callot diretta dalle sorelle Gerber e La Maison Jacques Doucet, dove lavorava Madeleine Vionnet, destinata poi ad aprire una sua casa.

Due abiti firmati da Paul Poiret
Attorno al 1910 il sarto più in vista e scandaloso fu Paul Poiret, 32 anni, figlio di un mercante di stoffe. Dal 1903 aprì una boutique e in breve divenne un dittatore della moda. Voglio essere ubbidito anche quando ho torto, era il suo motto. Stanco dei colori pallidi e della linea a clessidra dello stile ottocentesco, inventò ua donna priva di busto che indossava abiti a vita alta e dai colori vivaci. Poiret era geniale, fantasioso, megalomane. Usava sete, velluti, damaschi, accostava viola e rosso, blu e rosa pallido. Affascinato dai Balletti russi di Sergej Djagilev, che furoreggiavano a Parigi, s'ispirò all'oriente. Fu il primo ad aprire una scuola per figuriniste, ad organizzare corsi di andatura, a creare il pret-à-porter, a far riprendere i suoi modelli da un grande fotografo (Edward Steichen), a fabbricare gli accessori, dai profumi alle borse. Per lanciare le sue jupe-culottes diede una grande festa che si intitolava Le mille e due notti. La moglie del sarto appariva in una gabbia dorata in compagnia di preziosi uccelli: gli ibis rosa. Lui, vestito da Sultano, le stava a fianco con un prezioso turbante piumato.
Nel 1914 scoppiò la prima guerra mondiale. Pur tra mille difficoltà Parigi volle mantenere il suo ruolo di arbitra dell'eleganza e i grandi couturiers continuarono la loro attività, nonostante la mancanza di materie prime che dovevano essere di necessità mandate al fronte. Forse per risparmiate tessuto, le gonne si accorciarono al polpaccio, mentre si affermarono linee militaresche, appena mitigate dalla cosiddetta crinolina di guerra, una gonna imbottita di tulle.
L'Inghilterra continuava invece ad essere il modello dell'eleganza maschile. L'uomo però rimase legato alle fogge tradizionali ottocentesche:giacca, gilè, calzoni e camicia. I soprabiti invernali erano vari, mentre tra gli abiti da cerimonia, ancora diffusissimi erano il frac, il tight e lo smoking, noto come abito da fumo e diventato poi capo elegante. I colori erano scuri, la camicia, rigorosamente bianca, col collo rigido e inamidato. Per mantenere la biancheria sempre perfettamente pulita, collo e polsini erano separati dalla camicia vera e propria. Edoardo VII, principe di Galles e figlio della regina Vittoria, fu un modello per i dandy: inventò infatti nuove fogge maschili, come i pantaloni con la piega e il risvolto. Sembra che a lui si debba anche l'invenzione dello smoking, ottenuto tagliando semplicemente le code del frac.
Gli anni venti e trenta
Dopo la fine della prima guerra mondiale, lo scenario europeo mutò profondamente. La guerra aveva lasciato un'economia traumatizzata e non pochi problemi sociali e psicologici. Gli speculatori ne approfittarono: i grandi patrimoni aristocratici prebellici scompariono e al loro posto avanzò una nuova classe sociale arricchita e quindi una diversa clientela per le case di moda. Gli ambienti mondani furono frequentati da milionari, psichiatri, pittori surrealisti e cubisti. Le mode americane invasero ogni settore: si bevevano cocktail e whisky, proliferavano le jazz band e i blues. Dopo quattro anni di privazione scoppiò la gioia di vivere, simboleggiata dal nuovo, sfrenato ballo, il charleston. Per tutto il periodo tra le due guerre il cinema influenzò lo stile di vita. Ad Hollywood nacque lo star system ed attori come Rodolfo Valentino prima, Clark GableJean HarlowGreta GarboMarlene Dietrich poi, diventano modelli da imitare. Ma il fenomeno più importante si manifestò con evidenza proprio negli anni venti: l'emancipazione della donna che - durante la guerra - aveva dovuto assumere ruoli maschili di responsabilità e non era affatto disposta tornare indietro, ma pretendeva di governare la sua vita più liberamente. Molte donne si iscrissero all'Università e affrontarono professioni nuove come nel campo della medicina. Le giovani fumavano, si truccavano e frequentano locali notturni alla moda.
Il nuovo modello femminile fu la ragazza magra, senza più fianchi né petto, con uno sfrontato piglio mascolino e i capelli cortissimi alla Garçonne. La moda volle gonne sempre più corte e abiti spesso tagliati di sbieco, invenzione che sembra si debba a Madeleine Vionnet. Tuttavia, prima di arrivare all'orlo sotto al ginocchio, vennero inseriti pannelli triangolari che rendevano la forma dell'abito asimmetrica. Alla fine degli anni venti si affermò lo stile bebè, con gonne al ginocchio, scarpe col cinturino, cappelli a Cloche. La moda propose un nuovo modo di intendere l'abito: pratico, semplice, di costo contenuto, elegante. Antesignana di questo nuovo modo di vestire fu Gabrielle Coco Chanel. Fu lei che lanciò l'abito in jersey corto, imponendo questo tessuto povero anche per il tailleur, una delle sue creazioni caratteristiche. Sempre lei semplificò la linea dell'abito da sera inventando un lineare tubino nero. Fu la prima a lanciare i gioielli fantasia in vetro colorato, l'abbronzatura e il profumo legato alla sua linea, il famosissimo Chanel N° 5. Non disdegnava di portare i calzoni, ancora tabù per le donne.
La moda maschile rimase nei binari rassicuranti che si era scelta. Tuttavia un certo tono sportivo e disinvolto si insinuò nelle giacche dai larghi revers, nei pantaloni con le pinces, nei gilè di lana stile golf. Comparirono i primi trench impermeabili e tornarono i pantaloni alla zuava o knikerbokers indossati con calze scozzesi. Grande novità furono l'introduzione del colletto floscio per la camicia e il modello botton down con due bottoncini che assicuravano le punte alla camicia.
Tra il 1929 e il 1932 una crisi mondiale violentissma spazzò l'economia. Panico e disperazione si abbatterono sul mondo, né la moda uscì indenne dal trauma. Le case di moda francesi, che avevano avuto la loro migliore clientela oltre oceano, si videro imporre drastiche misure protezionistiche che gravarono pesantemente sugli abiti esportati. Il lavoro degli atelier parigini diminuì notevolmente, con conseguenti licenziamenti di personale. Una ulteriore conseguenza della crisi fu la necessità di usare filati di minor pregio: si diffusero così le fibre sintetiche, come il rayon o il nylon. Quest'ultimo, in particolare, sostituì la seta con cui fino ad allora erano state fatte le calze.
Dopo il 1930 l'ideale femminile diventò più aggraziato e copiò le star di Hollywood: le labbra di Joan Crawford, i capelli platinati e le sopracciglia ridisegnate di Jean Harlow, i tailleur pantaloni di Marlene Dietrich. La donna ideale era longilinea e femminile, portava tacchi alti e si tingeva i capelli. Al contrario, nell'Italia del Regime si cercò di lanciare una bellezza formosa e mediterranea, modellata sul tipo fisico della Signorina grandi firme, icona inventata da Gino Boccasile, per la copertina del giornale Le grandi firme. La linea delle vesti negli anni trenta mutò: la vita tornò al punto naturale, gli abiti si allungarono sotto al ginocchio e si aprirono in piccole pieghe e pannelli. D'inverno si preferivano lunghi cappotti con immensi colli di volpe. Per il giorno trionfò il tailleur, mentre le spalle diventarono quadrate a causa di imbottiture nascoste. Il pantalone si insinuò gradatamente nella moda, specie negli abiti sportivi e nei completi estivi. I vestiti da sera, ultra femminili, si allungarono nuovamente fino ai piedi, con scollature vertiginose sulla schiena. Il nuovo oracolo di questo stile fu una sarta italiana emigrata in Francia: Elsa Schiaparelli. Dotata di una fantasia e una creatività irrefrenabili, e da sempre interessata all'arte moderna e alle Avanguardie come il Surrealismo e il Cubismo, ispirò molti dei suoi vestiti ai quadri di Salvador Dalí e di Pablo Picasso, con elementi onirici come specchietti, cassettini, aragoste giganti. Oppure con fogli di giornale stampati, come i famosi papiers colle di Picasso. Il rosa fucsia o Shoking fu il suo colore preferito, come il nome di un suo celebre profumo. La sua donna doveva essere spregiudicata e indipendente e non aver paura del giudizio altrui. Negli ultimi anni precedenti la guerra l'abito si accorciò e allargò, mentre lo stile diventò più romantico, con incrostazioni di ricami e paillettes. Per le vesti da sera si usarono tessuti leggeri e fruscianti.
La moda degli anni della seconda guerra mondiale al New Look
Nel 1939 le armate tedesche invasero la Polonia. Con questo atto ebbe inizio la seconda guerra mondiale, che terminò nel 1945 con un terrificante bilancio di morte e distruzione. I primi due anni del conflitto non produssero effetti notevoli nel settore dell'alta moda, ma ben presto le pesanti restrizioni causate dalla guerra, costrinsero i governi e i sarti ad adottare misure cautelative. L'invasione della Francia fu vista da tedeschi come l'occasione per spostare a Berlino le case di moda francesi, molte delle quali avevano nel frattempo chiuso. Grazie a un paziente lavoro di diplomazia, il sarto Lucien Lelong riuscì a convincere l'alto Comando germanico, che l'operazione avrebbe tolto alla haute couture parigina freschezza e vitalità. Tuttavia la crisi bellica causò inevitabilmente la corsa al risparmio, e per qualche anno le linee proposte furono semplici e poco interessanti. Nazioni come l'Inghilterra e l'Italia devettero distribuire tessere in tagliandi per l'abbigliamento.
La moda femmile si semplificò, anche per la mancanza di tessuto, soprattutto lana, e cuoio, che venivao usati per vestire le truppe al fronte. Per circa 4 anni si videro solo gonne al ginocchio, spalle quadrate, tessuti modesti. In America le signore, non avendo nylon per le calze, si facevano dipingere la riga dietro alle gambe. Le donne americane, più pratiche, adottarono abiti in tela jeans.
Alcuni creatori di moda utilizzarono invece materiali poveri per creare piccoli capolavori. In Italia si crearono scarpe con la suola di sughero o di capretto italico. Antesignano di questo genere fu il fiorentino Salvatore Ferragamo. Intanto per non utilizzare la lana, che era usata dalle truppe al fronte, venne inventato il Lanital un tessuto ottenuto dai cascami della caseina. Negli Stati Uniti si fece leva sull'economico jeans, mentre a causa della mancanza di nylon furbi artigiani inventarono un nuovo mestiere dipingendo le gambe delle signore come se portassero le calze.
Con la fine della guerra l'haute couture ripartì da Parigi dove si realizzò un "Teatro della Moda" in miniatura per far vedere i nuovi modelli. Tuttavia soltanto Christian Dior fu il vero iniziatore e artefice della moda post bellica, lanciando, nel 1947, il New look. Dior era stato prima antiquario e poi disegnatore presso Lelong, ed aveva in mente una donna signorile, raffinata e romantica che si ispirava all'epoca della grandeur francese. Puntava sulla perfezione puntigliosa ed esclusiva del taglio, e su una linea che modellava il corpo femminile, tornando alle spalle morbide, alla vita di vespa, alle gonne lunghe. Seno in evidenza, fianchi tondi, gonna immensa, l'abito di Dior era falsamente naturale, ma nascondeva sotto il tessuto pregiato imbottiture e rinforzi. Amante del bianco e nero, prediligeva per gli abiti da giorno linee più caste, mentre per quelli da sera, scollature profonde e metri di tulle. L'aspetto ultra femminile delle creazioni di Dior era accentuato anche dai dettagli. Obbligatori guanti, scarpe col tacco, cappelli.